Strage di Erba: i giudici dicono no alla revisione del processo per Olindo e Rosa. Ecco svelate le motivazioni della sentenza.
La Corte d’Appello di Brescia ha respinto la richiesta di revisione del processo avanzata da Olindo Romano e Rosa Bazzi sul caso della strage di Erba.
Le motivazioni dei giudici, lette dall’Agi e riportate da Open, si basano sull’assenza di nuove prove capaci di ribaltare la sentenza originale e sulla mancanza di legittimazione da parte del proponente della revisione.
Strage di Erba: le motivazioni della Corte d’Appello
La Corte d’Appello ha dichiarato l’istanza di revisione “manifestamente inammissibile“. Perché? Secondo i giudici, le nuove acquisizioni presentate non possono essere considerate tali, essendo già state affrontate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.
Secondo il collegio giudicante, la richiesta si basava infatti su elementi già esaminati. Piuttosto che su nuove prove in grado di scardinare la colpevolezza di Olindo e Rosa.
I giudici hanno inoltre respinto le accuse secondo cui vi sarebbe stato un complotto contro i due imputati.
Una parte della difesa sosteneva che le prove, come la traccia ematica trovata sul battitacco dell’auto, fossero state “costruite a tavolino” dagli inquirenti e che le confessioni dei due condannati fossero state estorte con metodi discutibili.
Tuttavia, il tribunale ha ritenuto: “Nessun complotto contro la coppia e soprattutto nessuna nuova prova emersa“.
Oltre alla mancanza di nuove prove, la richiesta di revisione è stata respinta anche per un difetto formale. Il procuratore generale che aveva presentato l’istanza, è stato ritenuto “non legittimato” a farlo.
Secondo i giudici, la richiesta sarebbe dovuta provenire dall’avvocato generale, figura specificamente delegata per le revisioni secondo l’organizzazione interna della procura di Milano.
Il fallimento delle teorie alternative
Un altro punto sollevato dalla difesa riguardava un ipotetico movente legato al traffico di stupefacenti. Una pista che sarebbe emersa durante le prime indagini, ma che non ha mai trovato conferme.
La difesa aveva tentato di rilanciare questa teoria basandosi sulle dichiarazioni di alcuni pregiudicati, tra cui Abdi Kais, un tunisino che aveva condiviso la prigione con Azouz Marzouk, marito di una delle vittime.
I giudici hanno respinto anche questo elemento, definendolo privo di riscontri oggettivi. L’ipotesi di un regolamento di conti nel contesto di traffici illeciti era già stata vagliata in precedenza, senza che emergessero prove significative a supporto.
La Corte ha ribadito che le affermazioni di Abdi e degli altri pregiudicati non aggiungono nulla di nuovo al quadro investigativo, e non possono quindi giustificare una revisione del processo.